Ancora
soldi. E tanti, anche.
Non
bastano i 3,1 milioni di euro (sono sei miliardi delle vecchie lire, tanto per
non scordacelo), già spesi: Cà de Bossi “succhia” altri 46 mila euro alle casse
in affanno – come non mancano mai di sottolineare i nostri amministratori - del
Comune (Roma ladrona o Biassono sprecona?). Un’idrovora, insomma, non d’acqua
ma di denaro. Il nostro.
Stavolta
a far mettere mano al portafoglio di Pantalone è l’affidamento dell’incarico
all’architetto Lorenzo Berni di Milano. Il motivo? Presto detto: “la
predisposizione del progetto di variante per opere di restauro e risanamento
conservativo non previste dal contratto”, come recita la determinazione n. 267
del 29 maggio 2017. In altre parole, paghiamo. Un’altra volta? Sì. Perché, ormai,
Cà de Bossi ci ha abituati a sborsare quattrini. A iosa.
Da
quando quel tal architetto del Varesotto, più noto come parlamentare in camicia
verde che come progettista di edifici di valore storico-architettonico, mise
mano per primo al recupero dello stabile di via Umberto I senza accorgersi che
si era dimenticato di rinforzare solaio e travi del tetto, è stato un crescendo
di spese aggiuntive. Cinquecento mila euro là, qualche decina di migliaia di
euro qua e…
E
così un progetto che in origine sarebbe stato finanziato quasi interamente con
i contributi di Provincia, Fondazione Cariplo e di un facoltoso imprenditore
biassonese, col tempo è diventato una zavorra per le nostre finanze. Con una
certezza: che, forse, non è ancora finita. E qualche altra spesa “non prevista
dal contratto” è lì pronta a drenare altri soldi di tutti.
D’altra
parte, l’abbiamo voluto o no il distretto culturale evoluto (qualsiasi cosa
voglia dire)? E, allora, lo si paghi. In attesa, sempre, di capire cosa farne.
Perché,
come per le “spese non previste dal contratto” anche sul “Che farne?” di Cà de
Bossi, Casiraghi e compagni brancolano nel buio.