A pensar male si
fa peccato. Ma molto spesso, come era solito ripetere quel navigato
politico della Prima Repubblica, ci si azzecca. Come dargli torto.
Pensiamo al PalaRovagnati. Un pasticciaccio? Ieri, forse. Oggi è
qualcosa di più. E non certo di meno preoccupante. Anzi, la gara per
la concessione della gestione della struttura di via Parco si fa ogni
giorno più inquietante.
I fatti. Meglio,
la cronologia dei fatti.
Si comincia lo
scorso 20 luglio. Il Comune nomina la commissione per la concessione
della gestione del palazzetto. Sono tre i componenti, tutti
dipendenti di Villa Verri.
Passano appena
dodici giorni è c’è il primo colpo di scena. Il 2 agosto la
commissione viene surrogata da una nuova perché due dei tre
componenti sono in ferie. Programmate o improvvise? In un caso o
nell’altro, a palazzo qualcosa non gira come dovrebbe.
Si corre in
fretta e furia ai ripari e il giorno dopo, il 3 agosto, la nuova
commissione è già riunita. Per portare a termine la gara? Macché,
per dimettersi. I tre nuovi commissari hanno dato un’occhiata alle
carte e non se la sono sentita di continuare. Il motivo? Niente
ipotesi da opposizione politica, lo dice la determinazione n. 393 del
3 agosto 2017, a firma del dottor Luigi Pertile, Responsabile Unico
del Procedimento: “Considerato che la Commissione di gara di cui
alla sopra citata determinazione 391/2017, riunitasi in data 3 agosto
2017 per l’apertura delle buste contenenti le offerte economiche,
ha ritenuto all’unanimità a FINI PRUDENZIALI (…) RISCONTRATE
DIFFORMITA’ PROCEDURALI (…) di sospendere i propri lavori per
rimettere il materiale di gara al Responsabile Unico de Procedimento
per le conseguenti valutazioni di competenza”.
Un brutto colpo,
soprattutto per le ragioni del passo indietro dei commissari: “FINI
PRUDENZIALI (…) RISCONTRATE DIFFORMITA´PROCEDURALI”.
Che fare? Lo
stesso giorno, siamo sempre al 3 di agosto, il Responsabile Unico del
Procedimento prende atto delle dimissioni all’unanimità della
commissione appena insediata. E rinomina una “nuova” commissione.
La terza in tredici giorni. Che, tuttavia, è ancora la prima, quella
– per capirci - dei due commissari su tre assenti per ferie ma, nel
frattempo, tornati – pare - al lavoro.
Che dire? Niente.
I fatti parlano da soli. E chi ha orecchie per intendere, intenda.