Venerdì 17 maggio, ore 16. Il feretro arriva al cimitero,
accompagnato dal parroco, dai parenti, dagli addetti all’inumazione e da un
folto gruppo di amici e conoscenti. Sono tutti lì per la benedizione e per
l’ultimo saluto al defunto prima della sepoltura. Quando il corteo è composto,
ci si incammina verso i colombari. In silenzio. La bara portata sulle spalle
dal personale dell’agenzia funebre, i congiunti, don Ivano e, poi, via via,
tutti gli altri.
Un funerale normale.
Non proprio: la tomba non è pronta. Come?
Stupore, panico, irritazione. Verrebbe da dire che il paradiso
può attendere: un' ora e mezza, almeno, il tempo necessario, cioè, agli operai
della ditta che ha in gestione il cimitero di fare quello che avrebbero dovuto
fare. E i bene informati assicurano che non è la prima volta che succede.
Sbadati, un po’ lo siamo, inutile negarlo. Capita a tutti, chi
più chi meno, di avere la testa tra le nuvole: persone comuni, funzionari,
vincitori d’appalti pubblici, politici, la smemoratezza è una brutta bestia che
non risparmia nessuno.
Che accada un po’ troppo spesso può essere invece un problema,
soprattutto se c’è di mezzo un’istituzione pubblica. A Biassono ne sappiamo
qualcosa, tra uscite di sicurezza mai fatte (nuova palestra), solai pericolanti
(Villa Bossi), vespai e pendenze del tetto dimenticate (centro sportivo). Che,
peraltro, ci sono costati centinaia di migliaia di euro.
Il nostro borgomastro sogna di trasformare Biassono in un paese
intelligente. Di più, smart. Con quel che passa il convento sarebbe già un
miracolo se riuscisse ad essere un paese normale.